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700 milioni di euro per comprare veicoli a basse emissioni, siano essi motocicli o autovetture. La piattaforma del Ministero dello Sviluppo Economico è già pronta e operativa e i concessionari hanno già cominciato a inserire le prenotazioni per i contributi, disponibili sul sito ecobonus.mise.gov.it.

I fondi, disponibili dal primo gennaio 2021, sono destinati all’acquisto di veicoli a basse emissioni relativi sia alle categorie dei motocicli L1 e delle auto M1 sia alla nuova categoria dei veicoli commerciali N1. Dal 18 gennaio scorso i concessionari possono accedere alla piattaforma, inserendo le prenotazioni per i veicoli M1, mentre per la categoria L la possibilità di prenotare era attiva già dai giorni precedenti.

I contributi riguardano quelli già previsti dalla Legge di Bilancio 2019 e dai successivi DL Rilancio 2020 e DL Agosto 2020, cui si aggiungono altre risorse stanziate per il fondo automotive con la Legge di Bilancio 2021. Le fasce di emissioni 0-20 g/km e 21-60 g/km sono state rifinanziate con ulteriori 120 milioni di euro per tutto il 2021, che si aggiungono ai 270 milioni già stanziati, per un totale, ad oggi, di 390 milioni di euro.

Inoltre, a queste risorse potranno aggiungersi i residui degli anni precedenti. Il sito del MISE riporta la suddivisione degli incentivi:

•  0-20 g/km: 6.000 euro con rottamazione e 4.000 senza rottamazione;

•  21-60 g/km: 2.500 euro con rottamazione e 1.500 senza rottamazione.

Alle queste due fasce potranno aggiungersi 2.000 euro con rottamazione e 1.000 senza rottamazione fino al 31 dicembre 2021. In questo caso, si prevede anche uno sconto praticato dal venditore pari ad almeno 2.000 euro o 1.000 euro a seconda che sia presente o meno la rottamazione.

Rimodulate le due fasce di emissioni 61-90 g/km e 91-110 g/km: ora si tratta di un’unica fascia 61-135 g/km, in linea con il nuovo ciclo di rilevazione delle emissioni. Tale fascia è finanziata con 250 milioni di euro. Il precedente finanziamento è andato esaurito. La durata dell’incentivo è di sei mesi e sarà possibile usufruirne solo con rottamazione:

•  61-135 g/km: 1500 euro con rottamazione.

Anche in questo caso, all’incentivo si aggiunge uno sconto praticato dal venditore pari ad almeno 2.000 euro.

Per quanto riguarda i veicoli commerciali leggeri N1 e M1 speciali, l’incentivo introdotto è proporzionale alle emissioni e finanziato con 50 milioni di euro.

Fonte: Cobat.it

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L’Italia recupera il 69% dei rifiuti speciali, ma i veicoli fuori uso sono un problema. È quello che emerge dall’ultimo Rapporto Rifiuti Speciali dell’Ispra che, quest’anno, giunge alla sua 20° edizione. Il Rapporto 2021 - che esamina oltre 60 indicatori elaborati a livello nazionale, di macroarea geografica e regionale, nonché per attività economica e per tipologia di rifiuto - presenta esclusivamente i dati relativi all’anno 2019 consentendo, così, di avere una fotografia della situazione pre-pandemia. Ecco i dati.

I dati

I primi dati che emergono dal rapporto sono quelli relativi alla quantità di rifiuti speciali prodotti tra il 2018 e il 2019: in linea con la crescita del Pil in Italia, si registra un aumento del 7,3%, cioè di circa 10,5 milioni di tonnellate, nella produzione totale dei rifiuti speciali che sfiora, quindi, la cifra di 154 milioni di tonnellate.  Ben il 45,5%, ovvero quasi la metà di questi rifiuti, sono stati prodotti dal settore delle costruzioni e demolizioni.

Dalla produzione si passa poi alla gestione sul territorio dei rifiuti. In merito alla distribuzione territoriale, il report traccia uno scenario a cui siamo abituati: di oltre 10mila impianti sul nostro territorio, la gran parte sono situati al Nord del Paese, soprattutto in Lombardia, dove sono localizzate 2.180 infrastrutture, il 20,1% del totale nazionale. Numeri che sono dovuti, come logico, alla maggiore presenza degli insediamenti industriali: 88,6 milioni di tonnellate (57,6% del dato complessivo nazionale) sono prodotti in quest’area e oltre la metà degli impianti di gestione operativi si trova al Nord.

Il problema dei veicoli fuori uso

Sempre al Nord è presente la maggior parte degli impianti di autodemolizione dei veicoli fuori uso (635, 44% del totale), attestandosi come l’area geografica in cui vengono gestite le quantità più significative di veicoli, oltre 605 mila tonnellate, mentre 234 mila tonnellate sono trattate al Centro e 453 mila al Sud.

Ma cosa si intende per veicoli fuori uso? A seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 209/2003, con il quale è stata recepita la Direttiva 2000/53/CE, viene considerato veicolo fuori uso sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe d’immatricolazione, anche prima della materiale consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata.

Ogni veicolo classificato come “veicolo fuori uso” deve essere destinato allo smaltimento, in questo caso individuato con la pratica della demolizione, che si concretizza in una serie di operazioni di smontaggio, con lo scopo di recuperare i materiali recuperabili e bonificare le parti contaminate.

Come ricorda l’ISPRA, i veicoli a fine vita sono una categoria importante di rifiuti speciali, soggetta a monitoraggio da parte dell’Unione Europea. Una tipologia in continua crescita e che nel 2019 superava il milione e mezzo di tonnellate di rifiuti prodotti. Ed è proprio in questo settore che il nostro Paese è al di sotto di quanto richiesto dall’Europa in termini di recupero totale del veicolo (84,2% a fronte di un target UE del 95%).

La percentuale di recupero registrata (84,2%) evidenzia che l’assenza di impianti di recupero energetico compromette la possibilità del conseguimento del target di recupero complessivo.

Inoltre, il ventesimo rapporto evidenzia come gli impianti di frantumazione, che rappresentano l’ultimo anello della filiera di gestione del veicolo fuori uso, non sono diffusi in maniera capillare sul territorio, ma appaiono concentrati in alcuni contesti territoriali in vicinanza degli impianti industriali di recupero del rottame ferroso e nelle zone in cui il tessuto industriale è più strutturato. Anche in questo caso, l’aerea settentrionale del nostro Paese la fa da padrona: nel 2019 sono risultati operativi sul territorio nazionale 32 impianti, di cui 19 al Nord, 8 al Centro e 5 al Sud.

Come si legge nel rapporto, rispetto agli anni precedenti “si rileva una stabilità dei tassi di recupero di materia che evidenzia una difficoltà del settore a trovare un circuito di valorizzazione per i materiali a minore valore di mercato”. Inoltre, l’individuazione di valide destinazioni di utilizzazione di questi rifiuti, costituisce uno dei maggiori problemi dell’intera filiera.

Link al rapporto: https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-rifiuti-speciali-edizione-2021-dati-di-sintesi

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